La scuola e il nuovo governo Draghi

Il recente insediamento del nuovo premier ha visto la scuola imporsi come uno dei temi chiave nei programmi del nuovo governo. Istruzione e giovani si configurano come due dei principali investimenti produttivi da compiere secondo Draghi.


Oltre alle riforme di fisco, giustizia e pubblica amministrazione, troviamo la volontà di agire sulle assunzioni di docenti e sui tempi di assegnazione delle cattedre, che si vorrebbero tutte coperte già a settembre, evitando così che rimangano vacanti come accaduto in precedenza, considerando che quelle scoperte di quest’anno si aggirano attorno alla cifra di 64mila.

C’è però da dire che i concorsi ordinari (che contano 46mila posti) sono bloccati da più di due anni ed è realisticamente improbabile poterli concludere in tempo per le nuove immissioni in ruolo.

Draghi non saprebbe bene ancora come vorrebbe intervenire ma si sta valutando l’assunzione di più docenti ed il prolungamento delle lezioni oltre gli orari canonici.


Si stima che le misure “anti contagio”, i concorsi bloccati e la condizione critica delle graduatorie, contribuiranno a portare il numero di supplenze fino a 220mila, 20 mila in più dell’anno attualmente in corso.

Quanto poc’anzi descritto andrebbe quindi a cozzare con l’ipotesi di anticipare l’inizio dell’anno scolastico 21/22 ai primi di settembre, si vedrà a breve come questa matassa verrà sbrogliata, c’è molta confusione. L’idea – che non è stata accolta con molti favori – era quella di recuperare il tempo “perduto” tra didattica a distanza e assenze allungando l’anno corrente fino al termine di giugno o, in alternativa, anticipare il prossimo.

Altri obiettivi del nuovo governo riguardano la riduzione dell’abbandono scolastico, e l’incremento di laureati (specialmente di materie scientifiche); ulteriori risorse verranno messe a disposizione della ricerca e nello sforzo di unire università e impresa.

Il tutto sarà reso possibile, si dice, anche utilizzando i quasi ventinove miliardi stimati dal Recovery Plan.


Il neo premier ha anche ipotizzato “innesti di nuove materie e metodologie”, sottolineando la necessità di riformare gli Its, Istituti tecnici superiori, rinforzandoli in vista della prevedibile richiesta di lavoro che sorgerà con la digitalizzazione del paese e con la Green economy (la svolta ecologica), capisaldi del discorso politico mondiale. Aumentare gli iscritti agli Its (ed incrementandone la presenza al Sud), investendo in tecnologia e orientamento, rimane un preciso obiettivo poiché sono questi istituti che garantiscono ai neo diplomati di trovare lavoro con più facilità e nel più breve tempo.

C’è, insomma, il bisogno di un nuovo modello formativo ed educativo, derivante dalle nuove necessità socio-economiche.